La Syrakosia
La più grande nave dell’antichità, voluta da Ierone II, re di Siracusa e progettata e disegnata da Archimede, rivive in questa ricostruzione ideale di un altro grande siracusano, GUIDO VALLONE, che amava la sua città e i suoi antichi splendori.
Il Modello è stato concesso al Museo Archimede e Leonardo di Siracusa e alla sua Direttrice, Maria Gabriella Capizzi dal LIONS CLUB SIRACUSA HOST
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Siracusa News – Il Lions Siracusa Host dona nave Syrakosia al museo aretuseo che celebra Archimede →
Guido Vallone (1926-1992)
Uno dei maggiori esponenti del periodo d’oro del modellismo navale, quello per intenderci degli anni ’60-’80, quando attorno a Vincenzo Lusci, modellista e divulgatore fiorentino cui si deve, per primo in Italia, la diffusione di precisi e dettagliati piani costruttivi di modelli navali, si creò un qualificato gruppo di modellisti animati da autentica passione.
Guido Vallone, nato e vissuto a Siracusa, era prima di tutto un medico vecchio stampo: la professione era una missione, sempre pronto ad accorrere, anche nel pieno della notte, presso i suoi clienti, bisognosi di cure ma anche di conforto e di sostegno, ai quali con la sua umiltà non faceva mai mancare la speranza e la sicurezza di una pronta guarigione. Clientela che, almeno inizialmente era per lo più concentrata nel vecchio centro storico di Siracusa, l’isola di Ortigia, luogo ideale per innamorarsi del mare e delle imbarcazioni grandi e piccole che lo solcavano; così sia nel Porto Grande che nel Porto Piccolo, come ancor oggi si chiamano, sebbene l’importanza portuale della città si sia ridimensionata, il giovane Vallone entrò presto a contatto con il fascino del mondo marinaresco, con le piccole imbarcazioni dei pescatori come con le navi da guerra che attraccavano al molo, con le navi a vela come con le navi da crociera, e fu subito amore.
Dopo primi timidi ma ingegnosi approcci con il modellismo attraverso la creazione di rudimentali opere di cartone, il grande balzo verso il legno e le sue infinite possibilità si ebbe verso i trent’anni. Nacquero così i primi modelli, regalati ad amici e parenti, cui seguirono negli anni ’60 opere sempre più dettagliate, come La Couronne, galeone francese del 1636, il maestoso Sovereign of the Seas, vascello inglese del 1637, il San Felipe, vascello spagnolo del 1690. Contemporaneamente cresceva lo studio sistematico della storia della marina e della navigazione, perché solo con la ricerca storica il modellista può riuscire ad entrare a bordo del modello che sta creando. Così ogni nuovo modello era preceduto da una lunga e paziente opera di documentazione reperita in svariati testi, per lo più editi all’estero, tanto che Vallone fu il primo a portare in Italia e nel mondo modelli di navi sconosciute ai modellisti, dato che non esistevano in commercio né piani costruttivi né materiale prefabbricato per costruirli. Nacque così il suo primo capolavoro, Le Soleil Royal, vascello francese del 1669-1692, ammiraglia di Tourville, di cui esisteva solo un modello, privo dell’attrezzatura, eseguito nel 1839 dallo scultore modellista Tanneron che si era ispirato ai disegni di Jean Berain che aveva decorato la nave nel 1689, conservato al Musee de la Marine di Parigi. Il modello di Vallone sbalordì tutti alla Mostra di Modellismo Statico Antico che si svolse a Milano nel 1970 e vinse il Primo Premio Europeo alla mostra. Tanto fu il clamore suscitato da questo modello che l’allora direttore del Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci di Milano lo volle esporre per un periodo di tre mesi.
Fu la famiglia a convincere il recalcitrante Guido a partecipare alla mostra, l’uomo era restio ad apparire, perché, diceva, il modellismo era la sua passione, il solo modo con cui riusciva ad evadere dal faticoso lavoro di medico, e le sue creazioni erano concepite solo per soddisfazione personale, segno di umiltà spinta all’eccesso. Ed infatti, dopo la mostra del ’70, Guido Vallone fu tempestato di lettere di ammirazione, di richieste di consigli da giovani modellisti in erba, di telefonate con cui si chiedeva di andarlo a trovare per ammirare gli altri suoi modelli. Anche Vincenzo Lusci, con cui era nata da tempo una solida amicizia epistolare, venne a Siracusa ospite di Vallone, dando il via a lunghe discussioni, confronti, reciproci consigli, e uscite al lungomare o al Porto Piccolo, in cui un anfratto era occupato dai “calafatari”, specializzati nel sigillare con la pece il fasciame delle barche, luogo in cui i due amici solevano fermarsi.
Vallone era anche un finissimo disegnatore ed intagliatore: tutte le sculture dei suoi modelli erano pazientemente intagliate sul duro legno di bosso e rifinite con l’oro zecchino. Basta guardare e ammirare i sontuosi quadri di poppa o le ricche polene dei suoi modelli per rendersi conto dell’abilità di questo impareggiabile modellista.
Poi vennero gli altri modelli: il Prince, vascello inglese del 1670, Le Foudroyant, vascello francese del 1734, di cui Vallone, dopo anni di ricerche si fece da sé il piano costruttivo, con la parziale consulenza a distanza di Jean Boudriot, autore di varie opere sulla Archeologia navale francese (notissimo il suo “Le vaisseau de 74 canons”), il Royal Caroline, yacht reale inglese del 1749, la Victory, ammiraglia di Nelson a Trafalgar, 1805, Le Royal de France, mitica galea del 1680, il Cutty Sark e il Seine, dell’età d’oro dei clipper, il famoso Titanic, 1912, ed infine, in omaggio alla sua città, la mitica Syrakosia.
La Syrakosia, detta anche Nave di Archimede, era una sorta di città galleggiante con templi e giardini, che fu all’epoca (250-240 a.C.) progettata e disegnata da Archimede e costruita da Archia di Corinto e Moschione, che la descrisse in un libro. Questo testo fu poi ripreso da Ateneo (II-III sec. d.C.), dotto erudito greco, che ne riprodusse dettagliatamente ogni particolare: dalla lunghezza, 280 cubiti (128 metri!) alle attrezzature, otto enormi torrioni, palizzate per la difesa e macchine da guerra. Si stima che fosse mossa da circa duemila rematori disposti su tre ordini. Troppo grande per i porti dell’epoca, Ierone II, tiranno della città che aveva seguito personalmente i lavori, la inviò a Tolomeo d’Egitto, carica di grano, per amicizia e per dimostrare la grandezza di Siracusa.
Per la costruzione del modello Vallone compì una scrupolosa quanto necessariamente incompleta ricerca storica, causa la scarsezza di fonti (Cassol, Midolo, Ambone), che non gli impedì di dar vita ad un altro capolavoro, un bellissimo catamarano (tale era la struttura della nave) che colpisce per i suoi sfavillanti colori ma ancor più per la precisione dei dettagli.
Stava già lavorando al nuovo modello, il Valmy, l’ultimo grande vascello francese a tre ponti, 1836-1891, di cui aveva iniziato lo scafo, quando una breve malattia incurabile ne segnò prematuramente la scomparsa, sottraendolo agli affetti dei suoi cari, alla cura dei suoi pazienti e all’ammirazione di tanti modellisti.